ALLA SBARRA! - Corteo a Firenze (10/04/10)

Il re non è mai stato così nudo. Se guardiamo alla società in cui sopravviviamo, non può certo sfuggirci che questa società non ha più niente da offrire.Un capitalismo ormai a corto di vaselina, che devasta l’ambiente a colpi di cemento e grandi opere, sfrutta lavoratori sempre più precari e ricattabili, avvelena tutti con industrie chimiche, scorie nucleari e organismi geneticamente modificati; uno Stato sociale in pezzi, in cui è impossibile curarsi e studiare senza pagare ingenti somme di denaro; una guerra divenuta permanente, sotto il nome di missioni umanitarie e di pace; milioni di persone costrette a migrare, che muoiono sulle frontiere di terra e di mare, che vengono segregate, umiliate, picchiate nelle galere e nei CIE…
A ben vedere, se politicanti, padroni e giornalisti strillano al «bisogno di Sicurezza», se invocano più legalità e più polizia, se sguinzagliano per le strade militari e ronde squadriste, non ci si può stupire. Una società del genere, che ci toglie tutto senza offrirci niente, non può che destare rabbia. Sono loro, i padroni, ad aver bisogno di mettersi al sicuro. Per questo alimentano una propaganda asfissiante e ossessiva, che trasforma ogni diverso in una minaccia, ogni telecamera in un’amica, ogni sovversivo in un “terrorista”.
Così il 16 di aprile, nell’Aula Bunker di via dell’Agnolo, il gup Michele Barillaro deciderà se rinviare a giudizio 19 anarchici, colpevoli di aver espresso a chiare lettere la propria solidarietà verso altri anarchici incarcerati e di aver disturbato un po’ troppo i signori di Palazzo Vecchio. Accusati, di fatto, di alcune occupazioni, iniziative di piazza e azioni dimostrative, saranno giudicati in base alle leggi anti-terrorismo, sotto l’imputazione di associazione sovversiva. Quel famigerato articolo 270 del codice penale che, perseguendo la cattiva intenzione di sovvertire lo Stato, ha permesso molte volte l’incarcerazione dei suoi nemici dichiarati.
L’ex-assessore Graziano Cioni, dopo aver chiesto pubblicamente la persecuzione degli anarchici colpevoli di averlo sbeffeggiato, si costituisce parte civile nel processo; mentre il procuratore generale Quattrocchi ha ottenuto di sostenere nella pubblica accusa la nota inquisitrice di sovversivi Angela Pietroiusti.
DIGOS, giudici e politici. Tutti contro gli anarchici, considerati “terroristi”.
Già, perché secondo questa gentaglia, terrorista non è chi terrorizza coi razzi di Herat e il filo spinato dei CIE, con le scuole Diaz e le caserme Bolzaneto, con l’esercito in strada e l’isolamento carcerario, coi gas CS e i manganelli Tonfa. Terroristi non sono i vigili urbani che hanno pestato Emmanuel Bonsu a Parma, i secondini che hanno ammazzato Stefano Cucchi a Roma, i poliziotti che hanno assassinato Federico Aldrovandi a Ferrara, i carabinieri che hanno pestato a morte Sorin Kalin a Montecatini Terme…
Terrorista, in questo mondo alla rovescia, non è chi rade al suolo le capanne – con le bombe o con le ruspe – ma chi disturba il Palazzo. «Terrorista» diventa chi si ribella, chi insorge. «Terrorista», per chi dispensa il terrore, è il manifestante violento con i suoi petardi, l’anarchico che scrive sui muri, il sovversivo che occupa le case; chiunque lotti, con i mezzi che preferisce, contro il Terrore dello Stato, chiunque sfidi l’ordine costituito.
Il 16 aprile non saranno processati solo alcuni anarchici, ma soprattutto la volontà di non restare in silenzio di fronte ai soprusi del capitale e dello Stato, di non vivere da complici e rassegnati. Ai padroni, ai politicanti, ai loro servi armati di manganello o di penna, abbiamo una sola cosa da dire:
TERRORISTA È LO STATO!


Anarchici

SABATO 10 APRILE
CORTEO CONTRO LA SICUREZZA DEI PADRONI, IL CONTROLLO SOCIALE, IL TERRORE DI STATO
FIRENZE, PIAZZA DELLA REPUBBLICA, ORE 15


ROMANZETTO CRIMINALE

Nel settembre del 2006, a Firenze, un gruppetto di ignoti entra in un ufficio dell’ENEL, distribuisce alcuni volantini agli impiegati, getta vernice sui muri, traccia delle scritte e se ne va indisturbato. Si tratta di un’azione in solidarietà con gli anarchici pisani di via del Cuore, arrestati alcuni mesi prima perché accusati, tra le altre cose, di aver cercato di abbattere un traliccio dell’alta tensione per protestare contro il ritorno in Italia del mostro nucleare.

È il periodo delle inchieste contro i «gruppi d’affinità» anarchici, cui il Ministro degli Interni Beppe Pisanu ha dichiarato guerra. Costruzioni più o meno inconsistenti che, attraverso un uso disinvolto delle leggi dette «antiterrorismo» e delle intercettazioni, colpiscono diverse realtà anarchiche, infliggendo mesi e mesi di carcere preventivo. Gli anarchici pisani appaiono particolarmente sotto tiro: quando nel maggio 2006 vengono arrestati, diversi di loro, accusati di “associazione sovversiva”, hanno già subito misure cautelari (in carcere o ai domiciliari). Lo Stato cerca di fare terra bruciata attorno ai compagni colpiti, sorvegliando e criminalizzando ogni minima espressione di solidarietà. Chi assiste alle udienze processuali è sistematicamente schedato e perquisito. E alla polizia politica (DIGOS e carabinieri del ROS) non è certo sfuggita la presenza solidale di diversi anarchici fiorentini, che all’epoca occupano una palazzina in Piazza Ghiberti sotto il nome di Panico Anarchico.

Dopo l’azione contro l’ENEL, i sospetti della DIGOS s’indirizzano da subito sul Panico. I telefoni sono messi sotto controllo; microspie sono installate nell’auto usata collettivamente dagli occupanti e viene aperto l’ennesimo faldone per ”associazione sovversiva con finalità di terrorismo” (art. 270bis). Può essere l’occasione buona per fare piazza pulita di “questa gente” che si riappropria di case abbandonate, piazze e strade senza chiedere permesso; e che, soprattutto, non nasconde il proprio odio senza mediazioni verso il capitale e lo Stato, e la propria complicità con chi lo combatte.
Mentre l’indagine va avanti, il Panico di Piazza Ghiberti viene sgomberato. Alcune settimane dopo, i compagni occupano Villa Panico nel parco di San Salvi. Nel frattempo finisce il governo Berlusconi, il centrosinistra sale di nuovo al potere. Ma, con buona pace degli ingenui che l’hanno votato, le cose non sembrano affatto migliorare. Il 20 marzo il nuovo ministro di polizia Amato vara i Patti per la Sicurezza: accordi con le amministrazioni locali, pattugliamenti interforze dei vari corpi di polizia, battesimo dei sindaci-sceriffi e aperta caccia al povero. Graziano Cioni, assessore alla sicurezza della giunta Domenici, scatena gli sbirri contro lavavetri, vagabondi, immigrati poveri, sfornando un’ordinanza dietro l’altra per tutelare il decoro del denaro e dei manganelli, sguinzagliando i suoi cani da guardia contro chi “bivacca” all’aria aperta.
Intanto, all’ombra delle case occupate e al fresco delle piazze, crescono nuovi rapporti e complicità. Minoranze critiche danno vita a feste, azioni di disturbo e iniziative; discutono, divergono, convergono sul fatto che l’aria sta diventando irrespirabile e non temono di affermarlo apertamente. A giugno 2007, l’arresto di una compagna durante una manifestazione a Roma provoca un rabbioso corteo non autorizzato. Pochi giorni dopo, la festa nazionale di Rifondazione Comunista al Galluzzo riceve un’aspra contestazione, con tanto di rissa tra manifestanti e mili-tonti di partito; a luglio, in piazza Santo Spirito, la polizia viene cacciata da centinaia di persone. Nel Palazzo comincia a serpeggiare il malumore. L’assessore Cioni, ripetutamente sbeffeggiato nelle iniziative pubbliche e sui muri della città, chiede che siano perseguiti i suoi oppositori.

Così, il 29 novembre dello stesso anno, la polizia politica irrompe a Villa Panico e all’Asilo Occupato di via Bolognese (nonché nelle abitazioni dei familiari degli occupanti) per presentare il conto, con un mandato di perquisizione per entrambi e nove avvisi di garanzia per altrettanti compagni. Nei fogliacci degli sbirri, prontamente riportati dai soliti servi di tutti i giornali, si parla di “associazione sovversiva con finalità di terrorismo” e di possesso di armi da sparo, e si ipotizza la complicità degli anarchici fiorentini in una rapina in Lucchesia per la quale già si trovano in carcere due compagni pisani.

Dopo circa dodici ore di resistenza, Villa Panico e l’Asilo vengono sgomberati. Ma le uniche “armi” trovate sono mascherine-stencil e cartucce per spara-chiodi, spacciate ai giornali come bossoli di armi da sparo. Gli sbirri, che dovrebbero conoscere bene le armi, li sottoporranno ad una inutile e costosa perizia.

Agli sgomberi seguono settimane di lotta e iniziative, portate avanti da compagni del Panico, dell’Asilo, della Riottosa e da diversi cani sciolti. L’8 dicembre, al termine di un corteo, viene occupata l’ex-casa del popolo di Santo Spirito. Dopo circa due settimane di attività nel quartiere, l’occupazione viene volontariamente abbandonata. Il 19 dicembre Villa Panico a San Salvi viene rioccupata.
Punto e a capo. Se l’intento della polizia (e dei suoi mandanti politici) era quello di liquidare il movimento libertario, hanno clamorosamente fallito. Al contrario, gli sgomberi e le perquisizioni del 29 novembre 2007 hanno fornito alla solidarietà una splendida occasione per esprimersi, rinsaldando quei legami che volevano spezzare. E soprattutto hanno rafforzato in tanti l’ostlità verso una pretesa Sicurezza che garantisce solo i ricchi e i potenti, mentre controlla, umilia, imprigiona e reprime tutti gli altri.

Il 16 di aprile, nell’Aula Bunker di Via dell’Agnolo, sarà chiesto il rinvio a giudizio di 19 antiautoritari in relazione a questi fatti. Che l’ennesimo capitolo di questa vicenda non si giochi solo in tribunale, dipenderà come sempre da tutti e da ciascuno.