Una squadraccia nel minorile di Lecce

È raro che un agente di un qualsiasi corpo di sicurezza statale venga processato perché ci ha messo troppo zelo nello svolgere le sue funzioni. D’altro canto, i magistrati che dovrebbero giudicarlo svolgono le sue stesse funzioni di guardiani degli interessi della classe al potere.
A meno che non si tratti di “eccessi” di tali dimensioni da non poter essere nascosti o minimizzati.
Pare sia questo il caso che vede coinvolti nove agenti penitenziari del carcere minorile di Lecce, comandante in testa, che saranno processati per concorso in maltrattamenti e abuso di autorità contro i detenuti minori.

Per di più, le accuse sarebbero venute fuori da altri che nello stesso minorile di Lecce vi lavorano: un medico, un’educatrice ed una guardia, “vittime” anch’essi delle minacce della squadraccia di cui non condividevano i metodi non propriamente rieducativi. Quindi, come poter fare finta di niente?

E a riprova che ogni istituzione per forza di cose tutela se stessa, nel settembre del 2007, in seguito all’avvio delle indagini, il Dipartimento di giustizia minorile ha deciso di chiudere la sede leccese con la motivazione ufficiale di «inadeguamento strutturale». Qualche giro di parola per confondere la realtà.

Le cronache parlano di ragazzi denudati e picchiati selvaggiamente in cella; colpiti al naso, agli stinchi; di denti e timpani rotti; di un cuscino premuto, per non far sentire le grida di dolore, in faccia a un ragazzo percosso; di un altro giovane lasciato nudo per tutta la notte in camera di sicurezza con una branda priva di materasso. Di urla nelle orecchie per dissuadere i malcapitati dallo sporgere denuncia; di estorsioni di false dichiarazioni di autolesionismo per coprire le responsabilità delle lesioni; di immediati trasferimenti delle vittime per evitare ogni verifica sulle violenze. Di sgambetti fatti ai ragazzi per farli cadere e «ridere della scena».

Cinque anni di terrore (quelli appurati) fatti di spedizioni punitive contro i reclusi, soprattutto stranieri, e di intimidazioni contro quella parte del personale penitenziario non allineata a quella condotta di violenza così esplicita.

Qualcuno troverà consolatorio pensare ad un gruppo di mele marce che la magistratura saprà estirpare da un corpo comunque sano. La realtà ci parla invece di quanto ogni misera divisa sappia tirare fuori da ogni triste figuro il peggio di se’. Soprattutto se questi sa di poter agire impunito, protetto da quella autorità che la divisa stessa, e l’istituzione a cui appartiene, gli
conferiscono.

06/02/09