Un’epoca furiosamente futurista celebra se stessa

“L’avvenire, nella sua totalità, è menzogna”.
Iosif Brodskij

Si può dire che il Novecento è stato un secolo furiosamente futurista.
Non solo esso ha realizzato compiutamente – con due carneficine mondiali, i campi di concentramento e di sterminio, Hiroshima e Nagasaki – l’invocazione della guerra, la marinettiana “igiene del mondo” contenuta nel primo Manifesto del Futurismo. Ma ha pregato in ginocchio davanti all’altare del Progresso e della sua formidabile velocità. Che cosa quel progresso abbia provocato ce lo dicono oggi con generosità sia l’ambiente che ci circonda sia lo spirito dei nostri contemporanei.

In questi giorni – con la mostra al Mart e l’apertura della casa-museo di Depero – si celebra l’avanguardia futurista ad un secolo dalla sua fondazione.
A parte l’evidente paradosso di storicizzare e museificare un’avanguardia che ripudiava la storia e i musei in nome del glorioso, veloce, industriale futuro, si può dire che l’epoca presente ha perfettamente ragione nell’elogiare il Futurismo, dal momento che quest’ultimo ne ha elogiato in anticipo e dal vivo gli stantuffi, i cilindri, le grandi fabbriche, le turbine, gli aerei, le bombe, nonché (con rare eccezioni) l’olio di ricino e le camicie nere.

Per confermare la fama di guastafeste di cui godiamo, ricorderemo qui che Fortunato Depero fu un artista ben integrato nel regime fascista, fin dopo le leggi razziali del 1938, interprete geniale delle nozze tra propaganda e pubblicità.
Sappiamo che non tutto il Futurismo fu reazionario (basta pensare a Carlo Carrà, che illustrava alcuni periodici anarchici milanesi), ma possiamo dire ora che il viatico futurista ai motori del Progresso si è realizzato contro di noi. Non si tratta – lo si sarà capito – di lezioni di storia dell’arte.

A Rovereto, dove si festeggi un secolo di Futurismo, si vorrebbe far passare un treno (il TAV) che devasterebbe il territorio in cui viviamo. Si progettano inoltre nuovi centri di ricerca high tech (all’ex Manifattura tabacchi) e l’industriale Mario Marangoni delira di un reattore nucleare da realizzare all’ex Montecatini.

Futurismo? Oggi la piovra industriale e tecnologica non ha bisogno di artisti che ne celebrino i fasti. L’ideologia del progresso si è già incorporata negli oggetti, nell’ambiente materiale in cui viviamo. È sufficiente che noi continuiamo a consumare (merci, mostre, spettacoli).
La critica di questo mondo putrefatto non si richiama più alla velocità e al futuro. Essa opera, come scrisse Baudelaire, “con furore e pazienza”.

anarchici
gennaio '09