Sono passati 40 anni dalla strage di piazza Fontana. E anche quest´anno, come al solito, si sono tenute le rituali ipocrite commemorazioni: sfilate di cittadini aperte da stendardi comunali e chiuse da comizi di rappresentanti delle istituzioni. La strage di Stato ricordata, con le lacrime agli occhi, dallo Stato stesso e dai suoi sudditi fedeli.
Ma quest´anno non c´è stata solo la commemorazione (per altro ravvivata a Milano dalla contestazione), c´è stato anche il revisionismo. All´inizio di dicembre le agenzie hanno battuto la notizia che la Procura di Milano pare si stia preparando ad aprire una nuova inchiesta sulla bomba esplosa alla Banca dell´Agricoltura nel dicembre del 1969. Prendendo spunto da un libro scritto da un giornalista dell´Ansa, tale Paolo Cucchiarelli, si starebbe seguendo una pista invero singolare: quel giorno ad esplodere sarebbero state due le bombe, una piazzata dai fascisti (mortale) e l´altra dagli anarchici (innocua). Una sintesi fantastica, capace infine di mettere assieme gli «opposti estremismi» su cui tanto si è dibattuto. Ve li immaginate Delfo Zorzi e Pietro Valpreda, il fascista cattivo e l´anarchico ingenuo, arrivare uno da destra e l´altro da manca portando con sé il rispettivo ordigno? Eppure c´è gente che in simili idiozie ci crede o che, per lo meno, pretenderebbe che abbiano una certa credibilità.
Spazzatura di Stato, si dirà, su cui sputare senza perderci troppo tempo. Ed è vero. Ma purtroppo non è solo lo Stato a produrre questo genere di spazzatura. A ricordare quel lontano 12 dicembre ci ha pensato anche Radiocane ospitando ai suoi microfoni Oreste Scalzone, il quale si è lasciato andare a un lungo sproloquio che egli stesso presenta in rete come una «riflessione - devo dire - `sofferta´ ed esposta con la consapevolezza che essa, al di là dello scandalo, può generare perplessità e sofferenza "fra noi", noialtri». Lasciamo pure perdere questo sulfureo annuncio autopromozionale. Considerando il personaggio, non troviamo le sue parole affatto scandalose, non ci lasciano perplessi né ci fanno soffrire. Semplicemente, ci disgustano per la becera malafede che le animano.
Basta ascoltarlo per capire che l´obiettivo delle sue riflessioni sono, più che gli anarchici, i militanti di Lotta Continua. L´ex leader di Potere Operaio avrà forse qualche conto in sospeso con gli antichi rivali, per cui ne approfitta per attaccare in tutti i modi la loro «vulgata» su quegli anni. Va da sé che i regolamenti di conti postumi fra capobastoni di fazioni politiche concorrenti ci lasciano del tutto indifferenti. Per noi sarebbe un piacere lasciare che i morti seppelliscano i loro morti. Ma nel farlo lo zombi Scalzone ha la malsana idea di tirare in ballo gli anarchici, la storia del movimento anarchico e il significato stesso dell´anarchismo (per quanto mostri di non possederne una conoscenza che sappia andare oltre i versi di qualche canzonetta). E su questo, ci sia permesso di dire la nostra.
Con la sua solita aria da eretico che vorrebbe «porre domande a contropelo», Scalzone si lancia in una esegesi della Ballata del Pinelli sostenendo che essa «contiene un malinteso». Uno dei suoi versi recita: «anarchia non vuol dire bombe, ma giustizia nella libertà». Cosa significa, si domanda Scalzone? Se è vero che «si possono dire cose nell´emotività e per rovesciare il tavolo», o usare una «licenza poetica», resta il fatto che trattasi di «una mezza verità, ma una mezza verità è una falsità» giacché «nel movimento anarchico c´è stato anche l´uso della bomba». Accidenti, che rivelazione scandalosa! «Vogliamo dire che ci si dissocia da questo? Ma allora diciamolo», incalza l´Oreste, altrimenti «perfino un poliziotto potrà dire che diciamo il falso» e ciò non sarebbe bello. Gli anarchici le bombe le mettono, eccome, non tutti, ma alcuni di certo sì. E questo è un punto assodato che non si può negare, pena contrarre «l´abitudine alla novlangue» e cadere nella «falsificazione del passato» denunciata da Orwell.
Fatta questa premessa, Scalzone mette poi in dubbio lo stesso concetto di strage di Stato, denunciando la mania presente anche all´interno del movimento per la «teoria del complotto». Perchè mai, come recita la canzone, «un compagno non può averlo fatto»? S´indigna: forse «che un compagno non può aver messo una bomba in una banca?», oppure che «compagno si definisce qualcuno che non può mai mettere una bomba?». Ma allora non sono compagni nemmeno quelli del «FLN algerino», «dell´Eta», «dell´Ira», delle «organizzazioni palestinesi» e tutti i rivoluzionari che piazzano una «bomba che colpisce civili». Insomma, secondo Scalzone, anche questa è una «frase categorica e non è esatta», poiché «uno lo può urlare in faccia al poliziotto che lo interroga, ma non può diventare un dogma, perché è un falso, e un falso non va bene». Il rischio che egli intravede in simili ragionamenti è di impantanarsi nel perbenismo d´accatto: si comincia col dire che un compagno non ha messo la bomba in piazza Fontana, e si finisce col condannare ogni forma di illegalità.
Tutto ciò Scalzone lo dice sì pensando a Sofri & Compagnia cantando, ma riferendosi anche agli anarchici, la cui «voce», il cui «megafono», era a suo dire Lotta Continua, che «parlava anche a nome loro». Egli non ha dubbi che «nella nebulosa anarchica questo tipo di valori grosso modo vengono integrati e subiti».
In altre parole, la vecchia cariatide si affretta ad avallare la tesi appena strombazzata dalla Procura di Milano: la bomba in piazza Fontana potrebbero anche averla messa gli anarchici, giacché a) storicamente sono sempre esistiti anarchici che mettono le bombe, e b) un compagno può ben mettere una bomba in una banca, essendo questa l´istituzione capitalista per eccellenza. Negarlo è da codardi o da ingenui.
Sforzandoci di trattenere la nausea nell´udire l´ex portaordini di Toni Negri salire in cattedra a dare lezioni ai libertari vantandosi del proprio "insurrezionalismo operaio" (quale? quello che si manifesta nelle richieste di clemenza allo Stato o nel sostegno della farsa elettorale come quando invitava apertamente a votare "scheda rossa"?), ci permettiamo di fare alcune osservazioni. La Ballata del Pinelli, che comunque non può di certo rispecchiare il pensiero di tutti gli anarchici, va calata nel momento storico in cui è stata scritta. Cioè, dopo una strage di civili. Elucubrare su due versi estrapolati dal loro contesto è una operazione - questa sì - di mistificazione del passato. Gli anarchici che fanno ricorso alla violenza, bombe incluse, hanno sempre rifiutato il terrorismo, ovvero l´uso indiscriminato della violenza. Quando nelle loro azioni sono stati coinvolti civili, si è trattato di errori o di "effetti collaterali" che hanno provocato aspri dibattiti all´interno del movimento anarchico. Ci sono stati anarchici che pur di non correre il rischio di ferire estranei hanno preferito togliere l´esplosivo appena piazzato (come fece per ben due volte Paolo Schicchi), e ci sono stati anarchici che hanno comunque portato a termine l´azione, quali che potessero essere i risultati finali (come gli attentatori del Diana o Severino Di Giovanni). Ma tutti, nessuno escluso, miravano e mirano a colpire solo i propri nemici (i potenti, gli sfruttatori, i loro scagnozzi). A nulla serve ricordare un Émile Henry o un Mario Buda, giacché i frequentatori di un ristorante della borghesia della fine 800 o la Borsa di Wall Street nel 1920 non si possono certo paragonare ai clienti di una banca milanese del 1969.
Piazzare una bomba in un luogo pubblico e farla esplodere di giorno, causando vittime fra i passanti in modo indiscriminato, è un atto di terrorismo, pratica prettamente politica per cui la vita di sconosciuti viene sacrificata (a scopo di avvertimento, di ricatto, di pressione) in una guerra per la conquista o il mantenimento del potere. Pur spacciandosi attualmente per libertario, Scalzone rimane l´autoritario di sempre e ignora che l´anarchismo si basa su una concezione etica della vita, non sulla politica. Per gli anarchici, il fine non giustifica i mezzi. Per cui non vi è alcuna falsità nel fatto che, nella canzone vivisezionata, l´anarchico Pinelli possa protestare contro l´ipotesi che un suo compagno abbia potuto compiere un massacro come quello avvenuto il 12 dicembre 1969, dove a venir colpiti furono solo casuali clienti e grigi impiegati (e dove non poteva avvenire diversamente). E il terrorismo talvolta impiegato dalle organizzazioni politiche autoritarie care a Scalzone, di cui egli qui rivendica la legittimità? Glielo lasciamo tutto, a noi fa ribrezzo e non considereremo mai come nostri compagni chi lo pratica (ma capiamo che per il leader dell´organizzazione politica fra i cui membri ci furono i responsabili del rogo di Primavalle, le nostre parole siano solo infantilismi da liquidare con un´alzata di spalle).
Quanto alla nebulosa anarchica, che a suo dire avrebbe fatto proprio il buonismo innocentista e legalitario, essa è assai più vasta delle poche organizzazioni burocratiche che vorrebbero rappresentarla - le sole ad emettere squallidi comunicati di condanna nei confronti di ogni azione esplosiva. Ora, non è proprio codesto «cantafavole con le gambe corte» a dire che una mezza verità è una falsità?
E pensare che già nel 1977, al palazzetto dello sport, nel corso delle magnifiche giornate di Bologna, la sua desistente logorrea era stata spenta dai frizzi e lazzi (e dai panini!) lanciatigli addosso dai compagni... che sia un altro evento da rivivere e commemorare?