Aquila, Palestina

[Volantino diffuso in questi giorni (luglio 2009) a Lecce]

Un boato di notte cambia la vita di una tranquilla città d’occidente; trecento persone morte, le case, i negozi, gli uffici, la casa dello studente, parte dell’ospedale, numerosi monumenti e tanto altro sono andati distrutti per il terremoto. Decine di migliaia di persone hanno perso tutto. Vengono insediati dei campi e delle tende dallo Stato per sistemare gli sfollati. La gente è impaurita, anche perché nuove scosse si ripetono ancora oggi, e così Qualcuno decide che quella gente e quei campi possono essere un banco di prova per sperimentare un controllo militare nei confronti di una popolazione intera, senza che all’esterno se ne sappia niente; un rapporto Nato per le metropoli nel 2020 auspica questo utilizzo militare. Mentre giornali e tv rendono uno show morte e distruzione, dopo i funerali inizia l’ora della disinformazione e della propaganda.

All’Aquila arrivano migliaia di militari di ogni specie. Nei campi vengono istituiti dei veri e propri check-point per entrare ed uscire, perquisizioni, impossibilità di ricevere visite di amici, di avere animali con sé. Nulla si può autogestire, tutto è organizzato dalla protezione civile, che impone anche cosa mangiare e bere. Niente internet, niente volantini, niente cucina fai da te, niente spazi per il confronto o la discussione; in compenso controlli notturni mentre si dorme, docce all’aperto, bagni inadeguati; per chi ha già parecchi disagi, come gli anziani, tutto è più complicato. Sembra un teatro di guerra, sembra Gaza, e forse non è così diverso.

Prima l’esercito nelle strade, ora la militarizzazione dell’Aquila, mentre si approva una legge sulla sicurezza che rende reato la disperazione di migliaia di individui stranieri, che li cancella come persone e legittima il disprezzo e il razzismo di chi pensa di poterli solo sfruttare. Il Governo italiano diventa avanguardia verso la realizzazione della guerra ovunque, non più solo in Paesi lontani. La crisi ha accresciuto la povertà e la precarietà anche nei Paesi ricchi, ma con esse potrebbero aumentare anche il malcontento e il dissenso verso chi detiene il potere, così ecco trovati gli strumenti per impedire tutto ciò: controllo e repressione. Il laboratorio dell’Aquila ne è un esempio lampante.

Accanto ai militari un ruolo fondamentale è rappresentato dalla protezione civile, già protagonista, alcuni anni fa, delle esercitazioni antiterrorismo che preparavano le grandi città ad avere la guerra in casa (i conti tornano). Ad essa sono stati attribuiti tutti i poteri per la gestione dell’emergenza, ma anche per la ricostruzione che fa gola a molti e che andrà ad arricchire i soliti noti. L’Abruzzo è una grossa fetta di torta da spartire e così la protezione civile rappresenta il fidato cane da guardia per gestire ogni cosa, così come è accaduto con i rifiuti in Campania; spazzatura e terremotati sono considerati e trattati dallo Stato nella stessa maniera.

Anche per l’organizzazione del G8 la protezione civile è in prima fila per consentire, tra l’altro, le visite guidate ai Potenti della terra in mezzo alle rovine. Già, il G8. Mentre la gente è nelle tendepoli, isolata e controllata a vista, a pochi passi il vertice degli otto Paesi più industrializzati del mondo che tra un aperitivo ed una cena discuteranno quante briciole concedere per evitare che il sistema affondi, o almeno che affondi il più tardi possibile.

Diceva il poeta che quando si chiude la verità sotto terra, essa vi si ammassa e vi prende una tale forza di esplosione, che il giorno in cui scoppia fa saltare con sé ogni cosa. Che la verità inizi ad accumulare forza allora, quella degli sfruttati, dei ribelli, di chi è stanco di subire, e si scateni contro gli sfruttatori di ogni nazione.

Anarchici
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