Antonio Téllez: FACERIAS

[Articolo di Piero Ferrua, pubblicato su "Anarchismo", n. 4-5, 1975, con il titotlo Tributo alla memoria di José Lluis Facerias]

Antonio Téllez
Facerias: guerriglia urbana in Spagna '45-'57
La Fiaccola, Ragusa 1975

Il libro di Téllez dedicato a Facerías vede la luce con oltre quindici anni di ritardo. Sin dal lontano 1957, l'autore è venuto raccogliendo documenti e testimonianze sulle vicissitudini del biografato, lottando spesso contro l'ostruzione delle organizzazioni, l'incuria dei collezionatori, l'indifferenza e, talvolta, l'opposizione dei superstiti. Ostacoli spiegabilissimi e inevitabili che si frappongono a chiunque si occupi normalmente di storia contemporanea, aggravati poi dalla delicatezza dell’argomento specificamente trattato, che è in fin dei conti quello dell'illegalismo.

Facerías non è il primo, nella storia dell'anarchismo internazionale, di coloro che professarono e praticarono l'espropriazione, sia per sopravvivere ili condizioni di clandestinità, sia per finanziare attività propagandistiche o solidaristiche. A differenza però di alcuni suoi emuli francesi dell'Ottocento, il Facerías non era né un individualista fanatico, né un rapinatore patologico. Non faceva dell'espropriazione individuale una dottrina assiomatica, né una prassi consueta.

Facerías va inquadrato - come molto degnamente fa l'autore - nell'ambito delle circostanze politico - economico - sociali in cui si dibatte l'emigrazione politica spagnuola dal 1939 in poi. Partigiano dell'azione diretta persistente, ha cercato di risolvere a modo suo i problemi della sussistenza e dell'ausilio alla lotta armata contro la tirannia franchista. Volendo evitare di vivere da parassita a spese delle organizzazioni in esilio cui ha via via appartenuto, egli ebbe a compiere azioni che la morale pubblica e la legge riprovano e che vennero infine sconfessate anche dalle suddette centrali politiche e sindacali.

Il Téllez, d'altronde, non predica né propone, si accontenta di esporre e uno dei grandi pregi del suo libro è appunto quello di mantenersi sereno nella descrizione dei fatti. Il suo è un lavoro certosino di ricostruzione storica, un omaggio sincero ed obiettivo, fra gli altri già consegnati (come quello a Sabaté) e quelli in cantiere. Il disegno dell'autore è di descrivere l'epopea di un popolo martirizzato che non vuole accasciarsi e che, mediante l'abnegazione dei migliori dei suoi figli, resiste e reagisce come può contro l'asservimento e 1'annichilimento.

Altro merito del libro è quello di far luce sulle attività organizzative e proselitistiche del Facerías in Italia. L'episodio della tragica fine a Barcellona era stato preceduto da un processo italiano e da una campagna di stampa in cui soltanto gli aspetti terroristici della « banda Facerias » erano messi in rilievo. Ciò non toglie che Alberto (così era noto ai militanti nostrani) avesse partecipato ad attività educative, culturali, ricreative e propagandistiche, non rifuggendo mai dal dialogo con nessuno. Fra il 1952 e il 1957, non v'è iniziativa del movimento anarchico italiano cui Alberto non partecipi. Si interessa delle attività bibliografiche di Ugo Fedeli, corre alla redazione dei Quaderni del Militante, diffonde la stampa anarchica spagnuola, si occupa attivamente della traduzione dei classici dell'anarchismo, sostiene la Federazione Anarchica Genovese, mantiene corrispondenza internazionale, assiste alle riunioni dei G.A.A.P., a convegni della F.A.I., aiuta gli obiettori di coscienza anarchici, è uno degli organizzatori del Campeggio Internazionale Anarchico Giovanile di Cecina, collabora con vari pseudonimi a giornali nazionali e locali, lancia « Lotta Anarchica », ecc. ecc. Il libro contiene ampi estratti di parte dell'epistolario di Facerías rinvenuto dall'autore. Da queste lettere scaturiscono molte idee che ritroveremo poi realizzate per opera di altri. Uno dei talenti di Alberto, oltre l'organizzativo, è quello di animatore. A molti militanti sfiduciati le sue lettere servono di sprone. Molti ricorderanno ancora la gentilezza d'animo e l'affettuosità di cui Alberto ha testimoniato nei confronti di compagni accasciati. In tutti, egli, grande psicologo e conoscitore di uomini, sapeva vedere i lati positivi e creativi che, provocando uno sforzo maieutico, riusciva a far mettere in evidenza. La sua intransigenza si manifestava solo nei riguardi della passività, dell'abulia, della depressione, dello scoraggiamento; l'anarchico modello lui lo concepiva sempre sorridente e attivo. Non badava mai alle sottigliezze ideologiche e nessuno l'ha mai sentito nominare o indicare una preferenza per Bakunin o Proudhon, Malatesta o Kropotkin. In una lettera ad un compagno e amico ammonisce infatti: «Attenzione agli idoli!». AI di sopra delle tendenze, Alberto proponeva sempre l'unione per la lotta. Uno dei suoi articoli per «Lotta Anarchica» è infatti intitolato «Cerchiamo di trovarci»: incitamento alla discussione di quei problemi intimi e ostacoli che impediscono lo sviluppo normale del movimento. In detto articolo «non vi si insulta né vi si attacca nessuno» commentava Alberto.

Alcuni ricorderanno forse un episodio curioso e sintomatico. Al primo campeggio di Marina di Cecina era stato da me invitato a tenere una conferenza il filosofo italiano della non-violenza, Prof. Aldo Capitini, che a quell'epoca si era scoperto molte affinità cogli anarchici. Toccò proprio ad Alberto, dopo averlo vivacemente contraddetto circa il problema della violenza rivoluzionaria in Ispagna, di accompagnarlo in motocicletta alla stazione. Alberto raccontò al ritorno, sorridendo che Capitini gli si stringeva contro durante la corsa per non perdere l’equilibrio nelle curve e che fu a un pelo di fargli cadere la rivoltella che portava alla cintola. Questa scorrazzata del guerrigliero e del gandhiano è forse simbolica della larghezza di vedute di entrambi.

M'accorgo, come era forse inevitabile, che ho parlato molto di Alberto-Facerías e poco del libro e del suo autore. Il contributo del Téllez alla riesumazione della figura di Facerías è notevole. Sappiamo quanto gli sia costato reperire dati e documenti, giacché pochi avevano risposto al suo appello dalle colonne di Atalaya e ancor meno alla circolare di Vico dalla Svizzera nel lontano 1959.

Il volume è corredato da illustrazioni e documenti di prima mano. Oltre al soggiorno di Facerías in Italia, su cui mi sono soffermato, la biografia contiene naturalmente capitoli sulla formazione anarchica di Facerías, la sua gioventù in Catalogna, le attività in Francia e in Spagna, uno studio dei suoi rapporti con la C.N.T., la F.A.I., le J.J.L.L., la sua morte in Spagna in un agguato tesogli dalla polizia. Non manca all'autore una visione lucida degli avvenimenti e il senso di sintesi che gli consente di tracciare paralleli con altri gruppi attivi nello stesso senso. Il libro contiene più di quel che promette perché, oltre alla biografia di Facerías, descrive squarci di storia contemporanea e il lettore che si interessi alla problematica spagnola verrà largamente ricompensato nel leggere questo volume.